Filippo racconta la sua esperienza a Shanghai con IUSVE e USAC

Filippo Mengo

Ho vissuto un’esperienza magica, alla scoperta di un Paese completamente diverso dall’Italia, dall’Europa e da tutto l’Occidente.
È vero che Shanghai è la città più globalizzata della nazione, ma è anche vero che, una volta usciti dal contesto universitario, le persone che sanno parlare Inglese sono poche.
All’università ho frequentato un corso di Cinese che mi ha permesso di diventare abbastanza indipendente: dopo qualche settimana ero in grado di ordinare da mangiare (che sarebbe diventata una delle mie attività preferite), chiamare un taxi e iniziare una conversazione (solo iniziare però). Chiaramente ho migliorato anche l’Inglese, la lingua con cui studiavo e interagivo con professori e amici.

Oltre alla lingua, altre difficoltà che si potrebbero incontrare in Cina riguardano l’inquinamento e il sistema politico, che sicuramente non mette il concetto di libertà come prima priorità. A proposito di politica, oltre ai corsi di Cinese, “Marketing Principles”, “Chinese Calligraphy” e “Tai Chi”, scelsi di frequentare quello di “Politics and Government in China”, che mi ha fatto aprire gli occhi sul modo in cui si comporta la Cina in ambito politico, sociale ed economico, e soprattutto sul perché si comporta in questo determinato modo.
Comunque ci tengo a precisare che non mi sono mai sentito in situazioni di pericolo: la sicurezza è garantita ovunque e se si rispettano le regole non c’è assolutamente nulla di cui preoccuparsi.

Le mie aspettative per quanto riguarda la vita sociale sono state ampiamente e positivamente superate. Io, come la maggior parte degli studenti internazionali, entravo gratuitamente nei locali più “in” di Shanghai. Ci dicevano: “In un mondo di asiatici, che ballano poco, delle persone come voi diventano l’attrazione della serata”. Capii quindi che in Cina essere italiano, alto e biondo poteva avere i suoi vantaggi, più che altro per l’autostima. Molti cinesi, soprattutto nelle zone rurali, mi facevano foto e video, altri mi regalavano del cibo, altri ancora mi offrivano lavori come TikTok star.

A Shanghai c’era sempre qualcosa da fare e il campus in cui vivevo era in una zona molto centrale della città, ma ovviamente ho cercato di viaggiare il più possibile per vedere altre parti della Cina.
Tra le tante bellezze che ho visto mi sento di menzionare i giardini orientali e i grattacieli di Shanghai, l’Esercito di Terracotta di Xi’An, il Buddha gigante di Shaoxing, i canali di Pingjiang Lu, l’isola delle scimmie di Zhejiang e ovviamente la mastodontica Grande Muraglia di Pechino.
Ho collezionato ricordi indelebili in questi posti, ma ciò che li ha resi davvero speciali non sono stati i luoghi ma le persone.
Non dimenticherò mai le esperienze che ho vissuto con i miei 美 国 朋 友 (měiguó péngyǒu, letteralmente: “amici americani”). Mi mancheranno le risate in dormitorio fino alle due di notte, le facce perplesse appena ci arrivava al tavolo qualcosa di strano da mangiare, i Bubble Tea presi tra una lezione e l’altra, le serate in discoteca, gli strafalcioni linguistici, il torneo di Tai Chi, il viaggio di ritorno da Pechino distesi su un treno, le contrattazioni al Fake Market, Halloween, il mio primo Thanksgiving, le chiacchierate in metro e soprattutto i saluti dopo l’ultima serata insieme a Shanghai.
Si è trattato anche di un viaggio tanto fisico quanto interiore, che mi ha fatto crescere più di quanto potessi immaginare. È come se avessi vissuto due percorsi in parallelo, uno esterno e uno interno.
Mi rendo conto che per ogni villaggio che esploravo, fragranza che assaporavo, persona che conoscevo e usanza che apprendevo, stavo in realtà esplorando, assaporando, conoscendo e apprendendo non solo aspetti della Cina, ma anche lati di me stesso.
Per ogni passo che fanno i piedi, ne fa uno anche la mente. Questo per me significa viaggiare e questo è ciò che vi auguro.

谢谢 (Xièxiè, grazie)
Filippo Mengo

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